Come si tratta davvero con banche e società di recupero credito: la verità che nessuno dice (e che può farti risparmiare migliaia di euro)
Quando una persona arriva da me con un debito o una procedura in corso, spesso è già stremata.
Non è solo la paura dei numeri: è la sensazione di vivere sotto pressione costante. La telefonata che non vuoi ricevere, la lettera che non vuoi aprire, il dubbio di sbagliare parola e peggiorare tutto.
E la domanda che mi fanno, sempre, è una sola:
“Ma con la banca… si può davvero trattare?”
La risposta è sì.
Non solo si può, ma spesso è la strada più logica per chiudere in modo sostenibile.
Solo che ciò che si legge online è spesso semplificato, o proprio fuorviante.
Per capire come funziona davvero, bisogna guardare dentro un fascicolo come lo guarda chi sta dall’altra parte.
Quando la banca apre il fascicolo, guarda i numeri. E lo “stato” della posizione.
Fuori c’è l’idea che la banca si arrabbi, che alzi la voce, che voglia “punirti”.
Nella realtà, quando aprono il fascicolo, fanno due valutazioni fredde, tecniche.
La prima è quasi una radiografia:
“Se andiamo avanti, quanto ci costa?”
Guardano il valore reale dell’immobile, da valutazione CTU, non quello da annuncio. Guardano se ci sono abusi, lavori urgenti, occupazioni. Guardano se l’asta rischia di andare deserta, quanto tempo serve per arrivare a una eventuale aggiudicazione, quanto spenderebbero di avvocati, delegati, custodi, CTU.
E, cosa che quasi nessuno considera, guardano in che “stato” si trova la tua posizione: se sei ancora in bonis (solo qualche rata arretrata), se il credito è già classificato in sofferenza, se c’è una procedura esecutiva in corso, se ci sono già state aste deserte.
Una cosa è trattare quando sei appena entrato in difficoltà; un’altra è quando sei in sofferenza da anni, con un’esecuzione aperta e magari due esperimenti d’asta andati a vuoto.
Sono scenari completamente diversi, e il margine cambia moltissimo.
Se i conti non tornano e lo stato della posizione dice chiaramente che andare avanti è un bagno di sangue, la rigidità cala.
Non per bontà, ma per convenienza.
La seconda valutazione è su chi hanno di fronte.
Non moralmente ma tecnicamente.
Se vedono documenti chiari, una situazione coerente, una proposta ragionata e non improvvisata, la trattativa si apre.
Se percepiscono confusione, contraddizioni o promesse che non stanno in piedi… si chiude.
Per loro è gestione del rischio.
Non giudizio.
Gli errori che fanno perdere soldi veri (ma capisco perché li fate)
Il primo errore è parlare troppo al telefono.
Lo capisco: quando sei agitato cerchi di spiegarti, di difenderti, di far capire la tua buona fede.
Ma il telefono è il luogo più pericoloso per una trattativa.
E qui voglio dirtelo senza mezzi termini: una cifra detta al telefono ti resta addosso come un’etichetta.
È l’errore più umano del mondo: ti chiedono “quanto può offrire?”, tu butti lì un numero solo per uscire da quella conversazione.
Il problema è che per loro quel numero diventa un riferimento interno.
E tutto quello che dirai dopo verrà misurato rispetto a quella cifra detta d’istinto.
Cambiarla diventa difficilissimo.
Non perché non vogliano, ma perché temono che tu stia “giocando al ribasso”.
È un meccanismo psicologico reale, e lo vedo tutti i giorni.
Per questo la trattativa non si fa al telefono.
Il telefono serve solo a capire a chi mandare la proposta.
Stop.
Un altro errore è dire “non ho soldi”.
Vero quasi sempre, certo.
Ma detta così non dà informazioni utili: trasmette solo rischio.
E poi ci sono le mail infinite, piene di dettagli inutili e prive dell’unica cosa che conta:
perché la tua proposta è sostenibile per te e conveniente per loro.
La domanda che tutti cercano su Google: “Quanto devo offrire?”
Magari vorresti una percentuale.
30%, 40%, 50%.
Sai quante volte me lo chiedono?
La verità è che non esiste una percentuale fissa.
La cifra nasce dall’incrocio di più fattori, e uno dei più importanti è proprio lo stato della tua posizione.
Una cosa è proporre uno stralcio quando sei ancora in bonis o hai solo un arretrato: lì spesso la banca ti guarda più come un cliente da recuperare che come una posizione da chiudere in perdita, e certe percentuali semplicemente non stanno in piedi.
Un’altra è quando il credito è in sofferenza da tempo, c’è un’esecuzione in corso, magari un’asta andata deserta e l’immobile vale meno del debito: in quel caso, a volte, sei tu a essere la soluzione più conveniente sul tavolo.
La cifra, quindi, non esce da una tabella presa online:
nasce da:
-
il valore reale dell’immobile oggi
-
i costi futuri della procedura
-
le eventuali aste già fatte (o andate deserte)
-
la classificazione interna del credito (in bonis, incaglio, sofferenza)
-
la tua situazione documentata e credibile
-
il comportamento degli altri creditori
Ho chiuso stralci al 18% e al 60%.
Non perché uno è stato più fortunato dell’altro, ma perché i numeri e lo stato della posizione erano diversi.
Non è matematica da blog.
È convenienza.
A volte sei proprio TU la parte forte, e non lo sai
Succede spesso.
Succede quando l’immobile vale meno del debito, quando l’asta è ferma, quando nessuno compra, quando la posizione è finita in mano a tre servicer diversi, quando il credito è in sofferenza da anni e ogni passo in più è solo un costo.
In questi casi la tua proposta non è solo ragionevole: è conveniente.
Ma se non conosci le dinamiche interne, rischi di pensare di essere tu a dover solo subire.
E non è così.
Perché una proposta funziona davvero
Una proposta funziona quando parla la loro lingua.
Quando è chiara, sostenibile, documentata.
Quando indica tempi precisi.
Quando mostra che la cifra proposta non è “a caso”, ma è il massimo possibile in quel contesto e in quello stato della posizione.
Una proposta confusa, invece, viene cestinata in pochi secondi.
Non per cattiveria, ma perché non trovano logica, né convenienza.
La banca non guarda la tua vita: guarda la fattibilità.
A chi serve capire queste dinamiche
Serve a chi ha una procedura in corso e sente l’ansia addosso.
Serve a chi ha ricevuto una richiesta assurda e deve decidere se trattare o no.
Serve a chi non risponde più al telefono perché non sa cosa dire.
Serve a chi ha un immobile che vale meno del debito.
Serve a chi vuole provare a chiudere, ma ha paura di peggiorare tutto.
Queste persone non hanno bisogno di tabelle o percentuali prese online.
Hanno bisogno di capire come ragiona l’altra parte del tavolo e in che punto del “percorso” si trova davvero la loro posizione.
Il 3 dicembre terrò un webinar in cui affronto tutte queste dinamiche in modo pratico
Non teoria.
Non percentuali generiche.
La realtà dei fascicoli veri: come ragionano banche e servicer, come valutano le proposte, cosa guardano, cosa ignorano, come capire se hai margine, come impostare una proposta credibile, come evitare errori che costano migliaia di euro.
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Francesca Scarpetta
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